Le favole di Lang

Libro arancione (1906)

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PREFACE

The children who read fairy books, or have fairy books read to them, do not read prefaces, and the parents, aunts, uncles, and cousins, who give fairy books to their daughters, nieces, and cousins, leave prefaces unread. For whom, then, are prefaces written? When an author publishes a book 'out of his own head,' he writes the preface for his own pleasure. After reading over his book in print—to make sure that all the 'u's' are not printed as 'n's,' and all the 'n's' as 'u's' in the proper names—then the author says, mildly, in his preface, what he thinks about his own book, and what he means it to prove—if he means it to prove anything—and why it is not a better book than it is. But, perhaps, nobody reads prefaces except other authors; and critics, who hope that they will find enough in the preface to enable them to do without reading any of the book.

This appears to be the philosophy of prefaces in general, and perhaps authors might be more daring and candid than they are with advantage, and write regular criticisms of their own books in their prefaces, for nobody can be so good a critic of himself as the author—if he has a sense of humour. If he has not, the less he says in his preface the better.

These Fairy Books, however, are not written by the Editor, as he has often explained, 'out of his own head.' The stories are taken from those told by grannies to grandchildren in many countries and in many languages—French, Italian, Spanish, Catalan, Gaelic, Icelandic, Cherokee, African, Indian, Australian, Eskimo, and what not. The stories are not literal, or word by word translations, but have been altered in many ways to make them suitable for children. Much has been left out in places, and the narrative has been broken up into conversations, the characters telling each other how matters stand, and speaking for themselves, as children, and some older people, prefer them to do. In many tales, fairly cruel and savage deeds are done, and these have been softened down as much as possible; though it is impossible, even if it were desirable, to conceal the circumstance that popular stories were never intended to be tracts and nothing else. Though they usually take the side of courage and kindness, and the virtues in general, the old story-tellers admire successful cunning as much as Homer does in the Odyssey. At least, if the cunning hero, human or animal, is the weaker, like Odysseus, Brer Rabbit, and many others, the story-teller sees little in intellect but superior cunning, by which tiny Jack gets the better of the giants. In the fairy tales of no country are 'improper' incidents common, which is to the credit of human nature, as they were obviously composed mainly for children. It is not difficult to get rid of this element when it does occur in popular tales.

The old puzzle remains a puzzle—why do the stories of the remotest people so closely resemble each other? Of course, in the immeasurable past, they have been carried about by conquering races, and learned by conquering races from vanquished peoples. Slaves carried far from home brought their stories with them into captivity. Wanderers, travellers, shipwrecked men, merchants, and wives stolen from alien tribes have diffused the stories; gipsies and Jews have passed them about; Roman soldiers of many different races, moved here and there about the Empire, have trafficked in them. From the remotest days men have been wanderers, and wherever they went their stories accompanied them. The slave trade might take a Greek to Persia, a Persian to Greece; an Egyptian woman to Phoenicia; a Babylonian to Egypt; a Scandinavian child might be carried with the amber from the Baltic to the Adriatic; or a Sidonian to Ophir, wherever Ophir may have been; while the Portuguese may have borne their tales to South Africa, or to Asia, and thence brought back other tales to Egypt. The stories wandered wherever the Buddhist missionaries went, and the earliest French voyageurs told them to the Red Indians. These facts help to account for the sameness of the stories everywhere; and the uniformity of human fancy in early societies must be the cause of many other resemblances.

In this volume there are stories from the natives of Rhodesia, collected by Mr. Fairbridge, who speaks the native language, and one is brought by Mr. Cripps from another part of Africa, Uganda. Three tales from the Punjaub were collected and translated by Major Campbell. Various savage tales, which needed a good deal of editing, are derived from the learned pages of the 'Journal of the Anthropological Institute.' With these exceptions, and 'The Magic Book,' translated by Mrs. Pedersen, from 'Eventyr fra Jylland,' by Mr. Ewald Tang Kristensen (Stories from Jutland), all the tales have been done, from various sources, by Mrs. Lang, who has modified, where it seemed desirable, all the narratives.


PREFAZIONE

I bambini che leggono libri di favole, o ai quali vengono lette libri di favole, non leggono le prefazioni e i genitori, le zie, gli zii e i cugini, che danno libri di favole ai loro figli, nipoti e cugini, tralasciano le prefazioni. Per chi sono scritte, allora? Quando un autore pubblica un libro che è 'farina del suo sacco', scrive la prefazione per propria soddisfazione. Dopo aver riletto il suo libro in stampa, per essere sicuro che nei nomi propri tutte le 'u' non siano stampate come 'n' e tutte le 'n' come 'u'- allora l'autore scrive, moderatamente, nella propria prefazione, cosa pensi del proprio libro e che cosa egli intenda provare - se intende provare qualcosa- e perché non esista libro migliore di quello. Ma, forse, nessuno legge le prefazioni, eccetto l'autore; e i critici, che sperano di trovarvi abbastanza da permettere loro di non leggere niente altro del libro.

In generale sembra essere questa la filosofia delle prefazioni, e forse gli autori potrebbero essere con profitto più audaci e sinceri di quanto siano, e scrivere vere e proprie critiche ai loro stessi libri nelle prefazioni, perché nessuno può essere miglior critico di se stesso dell'autore - se ha senso dell'umorismo. Se non ne ha, meno dice nella sua prefazione e meglio è.

Questi libri di favole, comunque, non sono stati scritti dal curatore, ovvero, come spesso ha spiegato, non sono 'farina del suo sacco'. Le storie sono state prese da quelle raccontate dalle nonne ai loro nipoti in vari paesi e in varie lingue - francese, italiano, spagnolo, catalano, gaelico, islandese, cherokee, africano, indiano, australiano, slavo, eschimese e quant'altro. Le favole non sono letterali, o tradotte parola per parola, ma sono state rivedute in vari modi per adattarle ai bambini. Molte sono state prese sul posto, la narrazione inframmezzata nella conversazione, i personaggi che dicono come gli argomenti siano svolti e, parlando di loro stessi, come i bambini e la gente più anziana li preferiscano. In molte favole sono presenti azioni piuttosto crudeli e feroci, che sono state mitigate il più possibile; però è impossibili, anche se auspicabile, nascondere il fatto che le storie popolari non siano mai intese come saggi e niente altro. Benché solitamente prendano le parti del coraggio e della gentilezza, e delle virtù in generale, i vecchi cantastorie ammirano l'astuzia ben riuscita tanto quanto fa Omero nell'Odissea. Almeno, se l'eroe astuto, umano o animale, è più debole come Ulisse, Fratel Coniglietto o molti altri, il cantastorie lo vede meno dotato in quanto a intelletto ma superiore in astuzia, così come il piccolo Jack ebbe la meglio sui giganti. Nelle favole di nessun paese ci sono incidenti 'inopportuni', così come è relativo alla natura umana, in quanto sono state evidentemente scritte per i bambini. Non è difficile sbarazzarsi di questo elemento quando ricorre nelle fiabe popolari.

Il vecchio mistero rimane tale - perché le storie dei popoli più remoti si rassomigliano tanto l''un l'altra? Naturalmente, nell'immenso passato, sono state esportate dai conquistatori, e imparate dai vinti. Gli schiavi allontanati da casa hanno portato le storie nella prigionia. Vagabondi, viaggiatori, naufraghi, mercanti e mogli rapite da tribù straniere hanno diffuso le storie; zingari e giudei le hanno tramandate; i soldati romani delle varie razze, muovendosi attraverso l'impero, le hanno importate. Dai più lontani giorni gli uomini sono stati nomadi, e ovunque siano andati, le loro storie li hanno accompagnati. La tratta degli schiavi a potuto condurre un greco in Persia, un persiano in Grecia; un' egiziana tra i fenici; un babilonese in Egitto; un bambino scandinavo avrebbe potuto essere portato con l'ambra dal Baltico all'Adriatico; o un sidone a Ophir, ovunque possa essere.; mentre il portoghese può aver portato le sue storie in sud Africa o in Asia, e da lì averle riportate in Egitto. Le storie hanno viaggiato ovunque siano andati i missionari buddisti, e i primi viaggiatori francesi le hanno raccontate ai pellirosse. Tutto ciò aiuta a spiegare la somiglianza delle storie ovunque.; e l'uniformità delle fantasie umane nelle società primitive deve essere stata la causa di molte altre somiglianze.

In questo volume ci sono storie degli indigeni della Rhodesia, raccolte da Mr.Fairbrifgwe, che parla l'idioma locale, e una è stata presa da Mr.Cripps da un'altra parte dell'Africa, l'Uganda. Tre favole del Puniaub sono state raccolte e tradotte dal maggiore Campbell. Diverse favole indigene, che hanno avuto bisogno di un buon lavoro di revisione, sono state ricavate dal 'Journal of the Anthropological Institute'. Con queste eccezioni, e La scatola magica, tradotta da Mrs.Pedersen, da ''Eventyr fra Jylland' di Mr. Ewald Tang Kristensen ( storie dello Jutland), tutte le favole sono state raccolte, da varie fonti, da Mrs.Lang, che ha modificato tutti i racconti ove sembrava opportuno.




(prefazione)


The Story of the Hero Makòma
La storia dell'eroe Makòma

The Magic Mirror
Lo specchio magico

Story of the King Who Would See Paradise
Storia del re che avrebbe visto il paradiso

How Isuro the Rabbit Tricked Gudu
Come il coniglio Isuro ingannò Gudu

Ian, the Soldier's Son
Ian, il figlio del soldato

The Fox and the Wolf
Il lupo e la volpe

How Ian Direach Got the Blue Falcon
Come Ian Direach ottenne il falco blu

The Ugly Duckling
Il brutto anatroccolo

The Two Caskets
I due cofanetti

The Goldsmith's Fortune
La fortuna dell'orafo

The Enchanted Wreath
La ghirlanda incantata

The Foolish Weaver
Il tessitore sciocco

The Clever Cat
La gatta ingegnosa

The Story of Manus
La storia di Manus

Pinkel the Thief
Salsiccetta il ladro

The Adventures of a Jackal
Le avventure di uno sciacallo

The Adventures of the Jackal's Eldest Son
Le avventure del figlio maggiore dello sciacallo

The Adventures of the Younger Son of the Jackal
Le avventure del figlio minore dello sciacallo

The Three Treasures of the Giants
I tre tesori dei giganti

The Rover of the Plain
Il Vagabondo della Pianura

The White Doe
La cerva bianca

The Girl-Fish
La ragazza pesce

The Owl and the Eagle
Il gufo e l'aquila

The Frog and the Lion Fairy
La rana e la fata leone

The Adventures of Covan the Brown-Haired
Le avventure di Covan dai capelli marroni

The Princess Bella-Flor
La principessa Belfiore

The Bird of Truth
L'Uccello della Verità

The Mink and the Wolf
Il Visone e il Lupo

Adventures of an Indian Brave
Avventure di un guerriero pellerossa

How the Stalos Were Tricked
Come furono giocati gli Stali

Andras Baive
Andras Baive

The White Slipper
La pantofola bianca

The Magic Book
Il libro magico

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